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Mercoledì 8 Febbraio 2017  10:29

QUIPUGLIA.IT - Imprenditore non paga l’Iva per €.1.175.384,00 ma viene assolto con formula piena.

La clamorosa sentenza in Puglia, dove a seguito del rinvio a giudizio di un imprenditore, lo Studio legale “ANP Legal - Andriulo & Partners” ha fatto prevalere la bontà delle proprie ragioni difensive.



Pagare l’Iva nei momenti di difficoltà? Neppure a parlarne, sembrerebbe potersi affermare d’ora in avanti. Anche e soprattutto se si tratta in particolare di una cifra considerevole per le casse dello Stato come quella in questione e pari ad euro 1.175.384,00. Sì, proprio così: un milionecentosettantacinquemilatrecentoottantaquattroeuro! Lunga pure a leggerla, figurarsi a “cercare” di pagarla per intero.

Un tribunale in Puglia - la legge dunque - ha sentenziato ed è così, in breve, che non ha commesso reato e dunque è di fatto non imputabile, l’imprenditore che - trovandosi in uno stato di difficoltà economica dettata dalla crisi del mercato - quell’Iva (si badi bene, pur comunque dovuta altrimenti) - non ha versato.

Ma andiamo per gradi.

I protagonisti, anzitutto. La sentenza è quella dello scorso 12 gennaio (il Giudice, dott.ssa Almiento), il Tribunale in cui è stata emessa e pronunciata la sentenza è quello di Brindisi, la puntuale e precisa tesi difensiva professionale è dell’avvocato Leonardo Andriulo, del foro di Taranto, titolare dello studio legale ANP Legal – Andriulo & Partners ANP Legal”, coadiuvato dalla sua equipe di professionisti tutti pugliesi.

Il Tribunale pugliese di merito ha così accolto dunque la tesi difensiva dell’avv. Leonardo Andriulo a fronte delle richieste del P.M. che puntava ad una condanna ad un anno di reclusione. Ma l’assoluzione con formula piena perché il fatto non costituisce reato ai sensi dell’art. 530 c.p.p. ha dunque capovolto e stravolto tutto, in questa vicenda destinata senz’altro a far parlare anche per il futuro. Un precedente di legge senz’altro.

Tutto nasce quando un’azienda del settore di abbigliamento per bambini con sede in provincia di Brindisi, nell’anno 2012 ometteva di versare, alla scadenza stabilita per legge (27 dicembre 2012) l’ingente somma di 1.175.384,00 euro a titolo di imposta relativa all’esercizio 2011.

«Le ragioni di un debito così rilevante - spiega l’avvocato Leonardo Andriulo al nostro Quotidiano di Informazione Quipuglia.it - sono da ricercarsi in un fallito processo di espansione. Più nel dettaglio, la crisi del settore dell’abbigliamento ha prodotto la chiusura di molti negozi affiliati in franchising. L’azienda si ritrovava così in default con gravi scompensi finanziari ed economici. Prontamente veniva attivata dall’Amministratore Unico, sempre assistito dallo studio ANP Legal – Andriulo & Partners, la procedura di concordato preventivo con continuità aziendale. La società, ammessa alla procedura concorsuale minore cercava di risolvere la crisi impegnandosi comunque a pagare in via privilegiata il 100% del debito Erariale. Grazie al nuovo piano industriale i creditori (anche l’Agenzia delle Entrate per il tramite dell’agente della riscossione) votavano favorevolmente. Venivano così raggiunti i quorum previsti per legge (oltre il 60%). La sorte avversa, però, si accaniva contro. La richiesta del fornitore estero ufficiale del pagamento sia del sospeso che dei nuovi ordini, di fatto portava alla sospensione delle attività produttive/distributive. Conseguentemente la società, su istanza da parte dello stesso imprenditore, veniva dichiarata fallita».

Il reato e le sue caratteristiche.

«Il reato di mancato versamento Iva - prosegue l’avv. Andriulo - è di tipo omissivo a carattere istantaneo. Esso è previsto (in Italia) dal D. Lgs. 10 Marzo 2000, nr. 74 art. 10 ter e, si realizza, nel momento del NON versamento all'Erario delle somme dovute sulla base della dichiarazione annuale che, tranne i casi di applicabilità del regime di "IVA per cassa", è ordinariamente svincolato dall'effettiva riscossione dei corrispettivi relativi alle prestazioni effettuate.

Il reato in esame richiede, pertanto, un dolo generico - puntualizza poi l’avv. Leonardo Andriulo dello Studio legale pugliese ANP Legal – Andriulo & Partners “ANP Legal” - essendo sufficiente ad integrarlo la coscienza e volontà di non versare all'Erario quanto dovuto. La prova che il PM deve fornire è semplice da raggiungere perché viene fornita dallo stesso imputato. Infatti, una volta presentata la dichiarazione annuale, il gioco è fatto. Dalla stessa emerge quanto è dovuto a titolo di imposta, e che deve, quindi, essere saldato o almeno contenuto non oltre la soglia di punibilità (attualmente 250.000,00 euro), entro il termine previsto – ad oggi è fissato al 27 dicembre dell’anno successivo a quello di riferimento dell’imposta. Ad esempio Iva relativa all’anno 2011 dovrà essere versata entro e non oltre il 27 dicembre 2012. Diversamente il reato si consuma e il rinvio a giudizio è pacifico.

Tuttavia, pur in presenza della realizzazione del reato, affinché possa dirsi escluso l'elemento soggettivo, occorre, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di un'improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili (Cass. pen., Sez. III, 5 aprile 2014, n. 1541; Cass. pen., Sez. III, 9 ottobre 2013, n. 5905)».

Ma ecco la tesi difensiva dello Studio legale “ANP Legal”

Come sostenuto dall’Avvocato Leonardo Andriulo, del foro di Taranto, nel caso di specie, l’imputato ha sempre manifestato la sua strenua volontà nel voler onorare il dovuto all’Erario e ha cercato di farlo in tutti i modi. E dunque «É questo - spiega ancora l’avv. Leonardo Andriulo, al nostro Quotidiano d’Informazione Quipuglia.it - uno dei principali elementi che è emerso durante il dibattimento e che ha convinto il giudice ad emettere una sentenza di assoluzione. Sebbene il reato si sia effettivamente consumato perché al momento della scadenza prevista per legge non è stato assolto il pagamento del dovuto esistono delle circostanze, come innanzi accennato, che favoriscono l’imprenditore e portano alla sua non punibilità sul piano penale».

Ma cosa bisogna dimostrare?

«L'orientamento giurisprudenziale italiano - spiega ancora l’avv. Andriulo al nostro Quotidiano Online di Infomazione Quipuglia.it - nega l'idoneità della mancanza di liquidità ad esonerare il sostituto d'imposta dalla responsabilità penale. Tutto ciò si basa sulla considerazione di fondo che il soggetto passivo Iva ha comunque il preciso dovere, quando riceve il pagamento di una fattura, di accantonare quanto riscosso a titolo di imposta sul valore aggiunto (che andrà dallo stesso riversata), o comunque di gestire le proprie risorse in modo da poter sempre adempiere all’obbligo tributario. Tuttavia, se genericamente tali considerazioni sembrano fondate, spesso la realtà imprenditoriale non consente di poter effettivamente accantonare dette somme ed, anzi, talvolta impone il momentaneo utilizzo delle stesse per consentire il normale esercizio dell'attività di impresa. Pertanto per il reato di mancato versamento iva se da un lato può accettarsi il principio secondo il quale la crisi economica e liquidità non possa costituire di per sé esimente dal reato contestato, dall'altro non può negarsi che difficilmente sarà individuabile una qualche responsabilità in capo al soggetto attivo del reato, quanto meno sotto l'aspetto psicologico, allorquando tali difficoltà finanziarie non siano imputabili al contribuente che, anzi, si è adoperato attivamente ponendo in essere misure idonee a fronteggiarle senza tuttavia riuscirvi.

La Giurisprudenza di legittimità ha registrato, all'esito di detta situazione fattuale che spesso si verifica, significative aperture volte a riconoscere alla illiquidità finanziaria efficacia scriminante sulla rilevanza penale delle omissioni tributarie: sia ricorrendo alla imprevedibilità/inevitabilità del verificarsi dell'inadempimento fiscale quale ragione di esclusione del profilo soggettivo del reato, sia ripiegando sull'esimente della forza maggiore intesa in termini di interruzione del nesso causale».

La decisione del Giudice.

Il Giudice del Tribunale di Brindisi, aderendo alla tesi difensiva ed ad una giurisprudenza che sempre più si va consolidando nell’ordinamento, ha mandato assolto con formula piena l’imputato così motivando: “…se è vero, infatti, che per pacifica giurisprudenza di legittimità, le eventuali precarie condizioni economiche della società – almeno che le stesse non siano determinate da eventi eccezionali e di rilevante dimensione - non costituiscono di per sé considerate, un caso fortuito o di forza maggiore (art. 45 c.p.) come tale idonee ad escludere la punibilità o quantomeno il dolo del reato di cui all’art. 10 ter D. Lgs nr. 74 del 2000, è anche vero che, in tema di reati tributari, non può astrattamente escludersi che siano possibili casi nei quali possa invocarsi l’assenza di dolo o l’assoluta impossibilità di adempiere l’obbligazione tributaria per intervenuta crisi di liquidità, sempre che, però, vengano assolti gli oneri di allegazione che devono investire non solo l’aspetto della non imputabilità a chi abbia omesso il versamento della crisi economica, ma anche la prova che tale crisi sono sarebbe stata altrimenti fronteggiabile tramite il ricorso ad idonee misure da valutarsi in concreto, tra cui, non ultimo, il ricorso al credito bancario”.

Dunque il Giudice di merito attento conoscitore delle dinamiche fattuali e soggettive indica la soluzione alla questione confermando l’apertura in favore dell’imprenditore che sebbene in crisi, al fine di giovarsi dell’esimente deve dar prova della non fronteggiabilità della stessa.

Continuando nella lettura:Come è noto, infatti, l’oggettiva impossibilità di adempiere può avere rilevanza solo se dovuta a causa di forza maggiore che, come noto, esclude la suitas della condotta e che viene tradizionalmente definita come la vis cui resisti non potest (tradotto la forza a cui non è possibile resistere). … E, dunque, poiché la forza maggiore postula la individuazione di un fatto imponderabile, imprevisto ed imprevedibile, che esula del tutto dalla condotta dell’agente, si da rendere ineluttabile il verificarsi dell’evento, non potendo ricollegarsi in alcum modo ad un’azione od omissione cosciente e volontaria dell’agente, ne consegue nei reati omissivi integra la causa di forza maggiore l’assoluta impossibilità, non la semplice difficoltà di porre in essere il comportamento omesso. Da ciò consegue che l’imputato che voglia giovarsi in concreto di tale esimente, nei termini di cui si è detto, dovrà dare prova che non gli sia stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni atte a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa e non consolidata crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili ”.

«La vicenda porta a riflettere in positivo, conclude l’avvocato Leonardo Andriulo. La Giustizia attentamente valuta caso per caso e ne trae le dovute conseguenze. Infatti, ogni qual volta l’imprenditore si trova in crisi per colpe a lui non imputabili è doveroso e giusto mandarlo assolto per i reati a lui ascritti. Così è accaduto nel caso qui in esame e si spera che molti altri trovino la giustizia richiesta in un momento di difficoltà per tutti i comparti commerciali».





Nella foto: Il Protagonista “Tecnico” di questo successo. L’avvocato, “pugliese” del Foro di Taranto, Leonardo Andriulo, dello Studio “A&P” Andriulo & Partners.

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